In piazza a Taiwan bandiere multicolore vengono mosse al vento dopo la sentenza che ha riconosciuto il diritto del matrimonio alle coppie omosessuali. Una vera e “surreale” svolta dopo la decisione della Corte costituzionale, che nel 2017 aveva stabilito che le coppie gay avevano il diritto a contrarre un matrimonio legale. Al parlamento erano stati dati due anni di tempo per apportare le correzioni normative e, con un leggero anticipo, il traguardo è raggiunto. Un traguardo in netta controtendenza rispetto alle norme del vicino Brunei.
Tra i casi di lapidazione per omosessualità e adulterio, si sfiorano i confini della disumanità, l’involuzione della specie umana. Taiwan ha avuto già dagli anni ’90 un ruolo in Asia di apertura e tutela dei diritti gay. Non a caso, la capitale Taipei, è stata tra le prime città a ospitare la “gay pride parade“. La presidente di Taiwan, Tsai Ing-wen – prima donna a ricoprire tale ruolo nella storia del paese – con un post su Twitter, afferma: “Oggi possiamo fare la storia e mostrare al mondo che i valori progressisti possono radicarsi in una società dell’Asia orientale. Possiamo mostrare al mondo che #l’AmoreVince. Abbiamo compiuto un grande passo verso l’eguaglianza e reso Taiwan un paese migliore”.
E’ festa per gli attivisti di tutto il paese, pur mantenendo la consapevolezza che le loro battaglie per l’eguaglianza non sono finite. E’ muovere i primi passi su un terreno percorribile da tutti; è un avanzare verso diritti eguali per ciascuno. Victoria Hsu, fondatrice e direttrice del Taiwan Alliance to Promote Civil Partnership Rights, ha scritto: “La legge non sarà perfetta al 100%, ma è un buon inizio e un passo importante per porre fine alla discriminazione basata sull’orientamento sessuale. Ora la legge dice che tutti dovrebbero essere trattati allo stesso modo, non importa chi sei, chi ami”. Questo è il cambiamento, la svolta, la strada giusta per far sì che la società non retroceda.
Il cambiamento è possibile e il loro può essere un esempio nei confronti di tutti quei paesi che ancora esercitano feroci discriminazioni nei confronti degli omosessuali.