“Gli scavi di Pompei costituiscono una straordinaria testimonianza del mondo antico grazie allo stato di conservazione della città“, così recita il sito ufficiale degli scavi. Lo stato di conservazione viene però messo continuamente a dura prova a causa dell’inadeguata e a volte anche assente manutenzione e salvaguardia: domus crollate, edifici chiusi perchè inagibili, mosaici andati perduti. Un problema di tipo economico sarebbe la causa dei mancati lavori di messa in sicurezza e restauro. Con il Grande Progetto Pompei in parte qualcosa è stato fatto per la riqualificazione del sito archeologico, dopo i lavori sono state riaperte alcune domus che oggi risultano visitabili e aperte al pubblico ma molto altro c’è da fare e la mancanza di fondi rende impossibile procedere su questa strada.
Risultano quindi appetibili le cifre pubblicate in queste ore da “Il Mattino“, un vero e proprio tariffario per affittare alcune zone del parco archeologico più antico e suggestivo del mondo: 15mila euro per l’Anfiteatro o il Foro, 10mila per la Palestra Grande o il Teatro Grande, 5mila per la Basilica o le Terme. Una sorta di svendita dei beni culturali che trainano il turismo del Mezzogiorno. Il sovrintendente Massimo Osanna precisa che l’iniziativa è prevista dalla normativa italiana e che la raccolta di fondi è il fine ultimo della stessa. Si potranno affittare queste zone per mostre, convegni, concerti e manifestazioni private da cui sono escluse cerimonie e feste. A decidere la fattibilità di tali eventi sarà una giuria composta da architetti, archeologi e avvocati che esamineranno le proposte e accetteranno solo quelle ritenute idonee. A gestire tutte le attività di sicurezza e vigilanza saranno gli stessi che otterranno la concessione ma poi ad attuarla sarà il personale degli scavi.
Forse il fine giustifica i mezzi ma bisognerebbe considerare le vere conseguenze di tali iniziative. Affittare a queste cifre un pezzo di storia è già di per sè un’idea di valorizzazione che andrebbe rivista e approfondita. Adibire ad uso privato il patrimonio artistico e storico di un’intera nazione è una pratica da evitare ma nel caso avvenga che almeno le somme richieste siano commisurate all’importanza del luogo e soprattutto che tengano conto dei danni effettivi che queste zone possono riportare. Basti pensare allo smaltimento dei rifiuti e quindi alla gestione della raccolta differenziata, altro elemento importante è la vigilanza per evitare che anche una singola pietra venga spostata o addirittura sottratta, pratica comune dei turisti. Il patrimonio artistico, storico e culturale che abbiamo ereditato va prima di tutto difeso, la raccolta dei fondi è sicuramente necessaria per portare a termine i lavori di manutenzione e restauro ma se per effettuarla si rischia di mettere in pericolo il patrimonio stesso forse il gioco non vale la candela.