Una rondine non fa primavera così come uno scialbo pareggio in casa di una neopromossa non determina la portata di un’intera stagione. Tuttavia, i segnali giunti dall’Adriatico non sono positivi e, una dirigenza attenta come quella del Napoli, potrebbe (dovrebbe) leggerli in anticipo e cercare, magari sul mercato, il modo per esorcizzarli. Eh già perché se si considera quanto accaduto domenica sera nella prima di campionato non si può non vedere come i calciatori che più hanno deluso siano stati, allo stesso tempo, quelli in rotta con la società o, almeno, in pieno mal di pancia. Da Koulibaly a Insigne, da Albiol a Gabbiadini, infatti, quattro undicesimi della squadra, peraltro la stessa della scorsa stagione eccezion fatta per il Pipita emigrato a Torino, hanno giocato davvero male condizionando in negativo il corso della gara.
Grana rinnovi – Le sirene di mercato, gli ingaggi faraonici, il nodo diritti d’immagine, le proposte di rinnovo insoddisfacenti, la volontà di rientrare in patria e gli screzi mediatici, stanno minando la tranquillità di quei calciatori che, nella passata stagione, hanno dato un grosso contributo alla causa. Queste ragioni, al di là del discutibile calciomercato azzurro, impongono alla società una gestione migliore dei casi in oggetto che, nascendo da varie esigenze così come da equivoci tattici (vedi la posizione in campo di Gabbiadini), stanno destabilizzando un ambiente già altamente depresso ed uno spogliatoio storicamente unito e coeso.
La differenza in campo – Una situazione non certo facile da metabolizzare per mister Sarri furioso al termine della partita con il Pescara per l’atteggiamento visto in campo a causa di un primo tempo interamente consegnato alla coriacea compagine di Oddo. Un linguaggio del corpo tanto abulico che ha destato molte preoccupazioni nel tecnico toscano che, se avesse potuto, avrebbe operato più dei due cambi di inizio secondo tempo. E non deve meravigliare affatto che a tirar fuori dai guai il Napoli ci abbia pensato il folletto belga Mertens, uno di quelli che, a 1,2 milioni di euro annui, non tira la società per la giacca e, contento di restare alle falde del Vesuvio, suda e lotta per questi colori. Una prestazione decisa, grintosa ed efficace così diversa da quella del suo omologo Insigne che avvalora la tesi della componente del mercato che ad agosto inoltrato, in piena sessione estiva, pende come una spada di Damocle su società e calciatori. Insomma, a meno di sette giorni dalla fine del mercato, la società azzurra è chiamata, complice il fattore tempo, a dare risposte adeguate, in un senso o nell’altro, ai dubbi dei propri tesserati rasserenando l’aria e fortificando le solide fondamenta della squadra in modo da scongiurare nuovi traumatici addii.