È trascorso quasi un anno da quel terribile episodio in cui una baby-gang napoletana si è ritorta contro un minorenne. L’innocente malcapitato è un ragazzino 17enne al momento dell’aggressione: Arturo è stato ripetutamente accoltellato alla gola e ferito gravemente in via Foria a Napoli, lottando tra la vita e la morte in prognosi riservata per 30 giorni, lo scorso 18 dicembre 2017.
A distanza di quasi un anno, finalmente il verdetto: i tre colpevoli sono stati condannati ieri alle ore 14 per tentato omicidio e rapina dal TdM (Tribunale dei Minori) a 9 anni e 3 mesi di reclusione ciascuno, con il rifiuto di qualsiasi ricorso in appello o messa in prova da parte dei legali degli imputati. Non sono stati ritenuti sufficienti condotte riparative, risarcimenti pecuniari, lavori socialmente utili. Nessuno sconto di pena, se non la riduzione dai 12 e 16 richiesti dal PM per i diversi componenti della banda ai 9 e 3 mesi effettivamente stabiliti per la loro giovane età e per il rito abbreviato. I condannati infatti sono anch’essi minorenni: il più grande era coetaneo di Arturo, mentre gli altri due avevano rispettivamente 15 e addirittura 12 anni, requisito abituale per far parte di un “branco”. I genitori e Arturo, salvo per miracolo, hanno commentato con rammarico l’amara sentenza, ritenuta troppo poco severa rispetto al mancato pentimento dei giovani, che non hanno mostrato alcun cedimento durante il processo.
Tacciono le notizie su un quarto componente, che sembra essersi volatilizzato nel nulla, mai ripreso in volto dalle telecamere e di cui la “comitiva della violenza” non ha fornito alcun dettaglio con atteggiamento omertoso. Inutili i tentativi di scrollarsi di dosso le responsabilità dell’accaduto o di minimizzarlo: la punizione è stata rapida e giusta, per poter dare una svolta a casi come questo purtroppo quotidiani, affinché siano di ammonimento a non perpetrare la violenza cieca e immotivata, basata sull’imitazione di modelli sbagliati.