È stata definita “la foto del secolo”, per la sua portata rivoluzionaria, che oblitera teorie già avanzate nel secolo scorso dal celebre scienziato Einstein. Non tutti sanno, però, che nel gruppo di ricercatori sono presenti scienziati italiani. Tra di essi, un vanto dell’Università degli studi di Napoli “Federico II”.
Ormai noto per diffusione virale dalla sua pubblicazione, il celebre “scatto” che testimonia la reale esistenza dei buchi neri. Innanzitutto, bisogna chiarire che non si tratta di una foto, bensì di un’elaborazione grafica di dati. L’immagine è infatti una “mappatura”, frutto della collaborazione di 10 centri di ricerca in tutto il mondo, sincronizzati con orologi atomici ultraprecisi, inglobati in una rete chiamata “Event Horizon Telescope” (EHT), a formare un unico telescopio virtuale del diametro pari a quello terrestre (poco meno di 13 mila chilometri). Dopo 120 ore di osservazione in due anni e 10 mila terabyte di dati, analizzati dai sistemi computerizzati più avanzati, ecco il risultato.
Il “buco nero” (per comprendere, una distorsione dello spazio-tempo, dovuta al collasso di una stella di massa enorme, tale da attirare a sé perfino la luce oltre l’Orizzonte Degli Eventi) protagonista dei social media è Messier 87, o M87, o Virgo A, o ancora NGC 4486. A dispetto dei suoi numerosi nomi, il supermassiccio buco nero fa parte dell’omonima galassia ellittica supergigante M87, localizzato un po’ decentrato dall’ammasso della Vergine, notevolmente distante dalla nostra: 53 milioni e mezzo di anni luce, per dare un’idea. I dati del buco nero sono esorbitanti: 6 miliardi e mezzo di volte la massa solare; 2 milioni di miliardi di volte la massa della Terra. Il “soggetto” visibile, in realtà, non è neanche il “vero” buco nero, che peraltro si trova al centro, ma ammassi di gas e polvere, che sfregandosi con violenza generano energia. Quando essi raggiungono la soglia definita “Orizzonte Degli Eventi”, tutto si fa buio nell’enorme voragine di tenebra profonda.
La straordinaria scoperta riconferma quanto già ricostruito con le equazioni della fisica della relatività di Einstein (simulazione: immagine a sx; ricostruzione effettiva: immagine a dx), risalenti al secolo scorso. Centinaia di ricercatori di 40 Paesi hanno collaborato con l’EHT, tra cui anche scienziati italiani. Tra i membri del team, oltre al sardo Ciriaco Goddi, astrofisico e responsabile scientifico del progetto BlackHoleCam, l’aostana ricercatrice dell’Istituto nazionale di astrofisica e del Centro regionale del radiotelescopio Alma dell’Osservatorio Europeo Australe, Elisabetta Liuzzo, ma soprattutto è doveroso citare Mariafelicia De Laurentis, ricercatrice dell’Infn, Istituto nazionale di fisica nucleare e docente di astrofisica della “Federico II” di Napoli. La studiosa dichiara che “il risultato rappresenterà uno strumento formidabile per studiare, confermare o escludere le varie teorie relativistiche della gravitazione, formulate a partire dalla Relatività generale di Albert Einstein”. Il fenomeno non era mai stato osservato prima: “Siamo di fronte ad una scoperta epocale, la prima prova diretta dell’esistenza di un buco nero: è un momento d’oro per l’astrofisica“, ha commentato il presidente dell’Inaf, Nichi D’Amico. Un piccolo passo per l’uomo, un grande passo per l’umanità.