L’uomo, con l’avanzare della tecnologia, è sempre più schiavo del mondo digitale, imbrigliato nella rete globale che controlla e gestisce ogni singolo utente, esistono però dei diritti inalienabili da cui non si può e non si deve mai prescindere. Uno su tutti è il lavoro, più nello specifico il concetto di libertà all’interno del mondo lavorativo. A tal proposito l’idea sviluppata da Amazon,di dotare ogni suo lavoratore di un braccialetto elettronico di tracciamento, ha sollevato grosse perplessità e timori latenti. Sembrerebbe che l’uomo, che ha valore ma non prezzo, diviene semplice merce circolante. Il lavoratore diviene una docile pedina nelle mani delle macro aziende.
I dipendenti così sono costretti a vivere uno stato di angoscia perenne, in quanto sono tracciato per l’intera giornata lavorativa, vittime inconsapevoli di un vero e proprio talent, proprio come una sorta di “Grande Fratello del lavoro“. Questo è quanto emerso dall’opinione pubblica, ma non bisogna tralasciare la controparte positiva.
In primis è necessario considerare il perché è stato sviluppato questo braccialetto ed il perché desta tanto clamore. In primis il prodotto è stato ideato, con l’intento dichiarato di facilitare il lavoro agli operai, che attraverso un segnale vengono indirizzati verso i pacchi da smistare, evitando ogni possibile confusione.
Il problema però è simbolico, in quanto è duro da digerire il concetto di braccialetto sul lavoro, troppo vincolato alla stigmatizzazione delle catene, chiaro rimando alla prigionia. Bisogna però capire, che siamo già tutti tracciati sul pianeta e non sarà sicuramente un braccialetto a determinare il controllo di Amazon sui propri dipendenti, quindi partendo dal presupposto imprescindibile dei diritti di ogni singolo lavoratore, bisogna valutare quanto meno al cinquanta percento i pro e i contro di questa innovazione.