“Preoccupa la difficoltà di accesso agli aborti legali in Italia a causa del numero dei medici che si rifiutano di praticare l’interruzione di gravidanza per motivi di coscienza e preoccupa anche il numero significativo di aborti clandestini”. Queste le parole dell’ ONU, pronunciate in occasione di una riunione del “Comitato per i diritti umani” in base alle osservazioni fatte sulla situazione degli aborti legali in Italia.
I dati sono allarmanti: in Italia i ginecologi obiettori che non praticano l’interruzione volontaria di gravidanza prevista dalla legge 194 del 1978 sono circa il 70% (in 8 regioni regioni la percentuale di medici obiettori oscilla tra l’80% e il 90%). Dati alla mano dunque l’Italia è uno degli ultimi paesi in Europa per la tutela delle salute della donne che vogliono abortire (alla stregua dei paesi in cui l’aborto è negato). Ma non è la prima volta che la situazione italiana viene posta sotto la lente d’ingrandimento dell’UE: lo scorso aprile infatti il Comitato europeo per i diritti sociali del Consiglio d’Europa ha affermato che in Italia le donne continuano a incontrare “notevoli difficoltà” nell’accesso ai servizi d’interruzione di gravidanza, nonostante quanto espressamente previsto dalla legge 194 sull’aborto e che pertanto l’Italia viola quindi il loro diritto alla salute”.
“Lo Stato – sottolinea ancora il Comitato – dovrebbe adottare misure necessarie per garantire il libero e tempestivo accesso ai servizi di aborto legale, con un sistema di riferimento valido. Attendiamo con interesse il rapporto che le autorità devono presentare al Comitato europeo dei diritti sociali nel 2017”.